Le nostre vite sono sicuramente cambiate con il Covid-19.
Il “coprifuoco”, un concetto conosciuto solo ai nostri nonni, è diventato familiare anche ai Millenials.
I contatti sociali hanno avuto la peggio rispetto ai “social” che mai come in questi due anni hanno incrementato la crescita dei propri utenti.
Scuole vuote, ristoranti deserti e uffici sempre meno frequentati, hanno avuto un impatto sulle vite di studenti e lavoratori che non saranno più quelle di prima.
Improvvisamente il lockdown si è abbattuto sulle nostre vite ed è stato necessario cambiare l’approccio al lavoro.
Infatti, molte aziende hanno dovuto fare i conti con lo smart working.
Zoom, Skype, Social Network, piattaforme di formazione, software per il lavoro condiviso, sono giunti in soccorso di un mondo che ha dovuto “rinunciare” ai rapporti fisici, per rivolgersi a quelli dietro ad uno schermo.
Nuovi punti di riferimento, nuove tecnologie, nuovi approcci, per evitare che le imprese, attive nel pubblico e nel privato, subissero effetti e crisi ancor più devastanti. Questa nuova concezione di lavoro ha avuto e avrà ancora conseguenze a causa della dura prova a cui è stata messa l’organizzazione quotidiana di lavoratori e di aziende ma, verosimilmente, ha anche facilitato e accelerato il cambiamento tecnologico, una transizione che negli ultimi vent’anni ha creato nuova ricchezza e nuove professionalità.
Lo smart working ha messo alle corde l’organizzazione quotidiana sia del lavoro sia della propria vita portando molte persone all’interno di un tempo non definito.
Un mondo confuso che alterna senza soluzione di continuità la connessione, le chiamate, le videoconferenze da un lato e dall’altro la propria sfera privata.
Lo smart working è stato molto apprezzato.
La flessibilità, la possibilità di poter gestire meglio la vita lavorativa e quella privata, il recupero delle ore “perse” nel traffico, in auto o in metro, ha dato un nuovo respiro ad una società frenetica. La produttività è aumentata così come la voglia di progettare e lavorare al meglio, nel minor tempo possibile.
Dopo un primo momento d’incertezza e preoccupazione, si sono presto compresi i vantaggi dello smart working in termini di miglioramento della qualità della vita, accelerazione dell’alfabetizzazione digitale e una forte riduzione dell’inquinamento ambientale.
Per contro sono emerse le criticità di un sistema di smart working che in Italia stenta a decollare a causa delle difficoltà a organizzare al meglio vita privata e lavoro da casa, con conseguenze sulla disgregazione delle relazioni sociali.
Le difficoltà più evidenti sono quelle riscontrate nell’adeguamento tecnologico.
La crisi pandemica ha messo in luce infatti il divario, per altro già esistente, tra diverse zone d’Italia completamente escluse dall’accesso alla digital transformation, con grave ricaduta sulla produttività delle aziende e la qualità di vita dei cittadini di antichi borghi, zone rurali e periferiche.
Anche se il Covid-19 ci ha costretti a rinunciare a tantissime cose che erano parte integrante della nostra vita, ci ha anche aiutato a cambiare punto di vista e a riorganizzare la nostra esistenza, con un nuovo modo di studiare, lavorare e mantenere le relazioni.
Ma soprattutto ci ha consentito di sfruttare al meglio tutti gli strumenti offerti da internet e godere dei suoi benefici.
La pandemia mondiale ci ha imposto la ricerca di un nuovo “centro di gravità permanente”.
Un compito che non è stato semplice da svolgere e che ancora non è finito.